Storia del vino: il novecento

IL VINO NEI SECOLI: il novecento

di Marco Rossi

Arriviamo al novecento, che ridendo e scherzando, ormai dobbiamo chiamare – pensate – secolo scorso.
Nel novecento la letteratura dice poco sul vino. Cioè, in realtà dice tanto, ma gli editori voglio un tanto a parola, come i telegrammi. Il problema dei diritti d’autore ci impedisce di poter decantare la vostra bevanda preferita.
Attraverso autori come Pavese e Fenoglio, capiamo come per molti, il vino non è uno strumento per sfuggire la realtà o creare il proprio paradiso artificiale, ma è la realtà più tangibile.
Pavese ne “La luna e i falò” descrive la sua terra, le langhe, dove la vite si stende come paesaggio uniforme sulle colline che separano l’uomo da un mondo nascosto. Il protagonista “Anguilla” ricorda:
“Questi discorsi li facevamo sullo stradone, o alla finestra bevendo un bicchiere, e sotto avevamo la piana del Belbo”.
Anguilla, che era stato molto tempo lontano dalla sua terra, non può non notare come per molti niente sia cambiato e come i vigneti rappresentino ancora un oggetto prezioso: “Una vigna ben lavorata è come un fisico sano”
In alcune regioni ci sono più osterie pro-capite, che medici o vigili. Sembra strano, ma è così. Una di queste è il Veneto, una terra dove la sintassi del dialetto è fatta “de una bestemia e un goto de vin”. Giacomo Noventa, poeta dai forti sentimenti patriottici, canta l’inno ad un popolo che ha perso le radici col suo passato e che non ha alcun presagio del futuro e il vino riacquista in un colpo la veste di medicina e di ipnotico:

Soldi, soldi…

Soldi, soldi, vegna i soldi,
mi vùi venderme e comprar,
comprar tanto vin che basti
‘na nazion a imbriagar.

Cantarò co’ i lori i beve,
bevarò se i cantarà,
imbriago vùi scoltarli,
imbriaghi i scoltarà.

Ghe dirò ‘na paroleta,
che ghe resti dopo el vin,
fioi de troie, i vostri fioi,
gavarà ‘l vostro destin.

Soldi, soldi, vegna i soldi,
mi vùi venderme e comprar,
comprar tanto vin che basti
‘na nazion a imbriagar.

E per chiudere questo lungo racconto, non potevamo non citare, questa volta senza alcun timore di incorrere in problemi di diritti d’autore, questa orribile, anonima, nonché balsfema preghiera. Ma d’altronde, chi mai avrebbe il coraggio di rivendicarla:

PREGHIERA DEA SCIORNA

Bacco nostro che sei in cantina
sia ricordato il tuo nome
venga il tuo vino
purché genuino
sia fatta la tua volontà
nel decidera la quantità
dacci oggi la nostra ciucca quotidiana
riempi i nostri bicchieri
come noi li riempiremo ai nostri bevitori
non ci indurre all’ostemia
ma liberaci dall’acqua
e così sia.
Fine.

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